di Carlo CAVALLO
Avvocato in Torino
Articolo comparso sulla rivista BancaFinanza
Una delle conseguenze più rilevanti della condanna dell’ente per violazione del d. lgs. 231/2001 è rappresentato dalla confisca, disciplinata dall’art. 19 del citato decreto. Tale articolo stabilisce che: “Nei confronti dell’ente è sempre disposta, con la sentenza di condanna, la confisca del prezzo o del profitto del reato, salvo che per la parte che può essere restituita al danneggiato. Sono fatti salvi i diritti acquisiti dai terzi in buona fede.
Quando non è possibile eseguire la confisca a norma del comma 1, la stessa può avere ad oggetto somme di denaro, beni o altre utilità di valore equivalente al prezzo o al profitto del reato”.
Nell’applicazione pratica di questa norma sono sorte alcune questioni, che meritano di essere qui richiamate.
Anzitutto vanno precisate le nozioni di prezzo e profitto: in dottrina e in giurisprudenza è stato più volte ribadito che il prezzo del reato consiste nei valori o nei beni che sono stati dati o promessi per determinare o istigare il soggetto a commettere il reato; il profitto, invece, viene definito come la conseguenza economica immediata, il vantaggio economico anche indiretto derivante dal reato, come ad esempio i beni di scambio e quelli costituenti il reimpiego di quanto direttamente conseguito.
Ciò premesso, una recente pronuncia della Corte Suprema di Cassazione – sentenza 15 febbraio – 3 maggio 2011, n. 17064, VI sez. penale – ha precisato che, nel caso in cui il profitto venga ottenuto nell’ambito di un rapporto contrattuale, è compito del Giudice verificare se, oltre all’esistenza di un vantaggio economico derivante direttamente dal reato – che è oggetto di confisca -, non sia individuabile anche un incremento economico determinato dal rapporto contrattuale, che rappresenta il profitto non confiscabile, nella misura in cui sia estraneo all’attività criminosa posta in essere.
Nel caso di specie, durante le indagini era stato disposto il sequestro – in vista della confisca – dell’intero ammontare delle somme erogate da un comune per l’appalto dei servizi di raccolta rifiuti, senza prendere in considerazione il corrispettivo rappresentato dal servizio comunque espletato per la raccolta dei rifiuti solidi urbani. La Corte di Cassazione, annullando il provvedimento di sequestro, ha stabilito il principio per cui nel corso dell’esecuzione di un contratto il profitto del reato si identifica con il vantaggio economico di diretta e immediata derivazione causale dal reato e non può essere considerato tale anche l’utilità eventualmente conseguita dal danneggiato in ragione dell’esecuzione da parte dell’autore del reato delle prestazioni che il contratto gli impone.
Altro aspetto, poi, concerne l’obbligatorietà della confisca, ribadita dalla Cassazione con la sentenza 14973 del 7 aprile 2009.
In tale pronuncia la Corte ha osservato che “l’impiego dell’avverbio «sempre» nell’art. 19, evidenzia l’obbligatorietà della misura ablativa non solo in relazione al prezzo del reato, ma anche in relazione al profitto per il quale, invece, secondo la disciplina generale dell’art. 240 cod. pen., la misura rimane facoltativa. La possibilità di confisca «per equivalente», che fa venir meno ogni rapporto diretto tra il reato e i beni oggetto della misura, è estesa poi espressamente, in difformità dalla previsione di cui al comma 1 dell’art. 322 ter cp., anche al valore equivalente «al profitto» del reato”.
In conclusione, la Suprema Corte chiarisce – facendo leva sull’utilizzo, da parte del legislatore, dell’avverbio “sempre” nell’art. 19 d.lgs. 231 – che la confisca va disposta in modo obbligatorio non soltanto con riferimento al prezzo del reato.
Le osservazioni testè svolte in materia di confisca hanno una importante applicazione nell’ambito dei sequestri disposti durante le indagini preliminari con riferimento al prezzo od al profitto del reato. Disciplinato dall’art. 53 del d.lgs. 231/2001, l’istituto del sequestro presenta aspetti simili e spiccate analogie con quello previsto dall’art. 321 cod. proc. pen. (come peraltro emerge dagli stessi richiami al codice di rito) e, segnatamente con la fattispecie regolata dal comma 2, dello stesso articolo e cioè con il sequestro “delle cose di cui è consentita la confisca”.
Ne deriva che, fin dalla fase delle indagini preliminari, possono essere applicate anche al sequestro le considerazioni effettuate relativamente alla confisca.