di Avvocato Carlo Cavallo
Articolo comparso sulla rivista Espansione (marzo 2016).
In attuazione della delega di cui all’art. 11 della legge 29/9/2000, n. 300, in data 8 giugno 2001 è stato emanato il decreto legislativo n. 231, recante la “Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica”.
Il decreto ha introdotto nell’ordinamento giuridico italiano un regime di responsabilità penale/amministrativa a carico degli enti per reati tassativamente elencati e commessi nel loro interesse o vantaggio: 1) da persone fisiche che rivestano funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione degli enti stessi o di una loro unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale, nonché da persone fisiche che esercitino, anche di fatto, la gestione e il controllo degli enti medesimi ovvero 2) da persone fisiche sottoposte alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti sopra indicati.
Il catalogo dei “reati presupposto” della responsabilità in questione comprende, oggi, oltre cento fattispecie.
Attenzione: la responsabilità dell’ente si aggiunge a quella della persona fisica che ha commesso materialmente l’illecito, ed è autonoma rispetto ad essa, sussistendo anche quando l’autore del reato non è stato identificato o non è imputabile oppure nel caso in cui il reato si estingua per una causa diversa dall’amnistia.
La previsione della responsabilità amministrativa di cui al D. Lgs. n. 231/01 coinvolge, nella repressione degli illeciti ivi espressamente previsti, gli enti che abbiano tratto vantaggio dalla commissione del reato o nel cui interesse siano stati compiuti i reati presupposto di cui al Decreto medesimo. A carico dell’ente sono irrogabili sanzioni pecuniarie e interdittive, nonché la confisca dei proventi del reato, la pubblicazione della sentenza di condanna e il commissariamento.
Le misure interdittive, che possono comportare per l’ente conseguenze più gravose rispetto alle sanzioni pecuniarie, consistono nella sospensione o revoca di licenze e concessioni, nel divieto di contrarre con la pubblica amministrazione, nell’interdizione dall’esercizio dell’attività, nell’esclusione o revoca di finanziamenti e contributi, nel divieto di pubblicizzare beni e servizi.
Istituita la responsabilità amministrativa degli enti, l’art. 6 del D.Lgs. n. 231/01 stabilisce che l’ente non risponde nel caso in cui provi che il proprio organo dirigente abbia “…adottato ed efficacemente attuato, prima della commissione del fatto, modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi…”.
La medesima norma prevede, inoltre, l’istituzione di un organismo di controllo interno all’ente con il compito “…di vigilare sul funzionamento e l’osservanza dei modelli…”, nonché di curarne l’aggiornamento.
Il modello di organizzazione, gestione e controllo deve rispondere alle seguenti esigenze:
- individuare le attività nel cui ambito possano essere commessi i reati previsti dal D.Lgs. n. 231/01;
- prevedere specifici protocolli diretti a programmare la formazione e l’attuazione delle decisioni dell’ente in relazione ai reati da prevenire;
- individuare modalità di gestione delle risorse finanziarie idonee ad impedire la commissione di tali reati;
- prevedere obblighi di informazione nei confronti dell’organismo deputato a vigilare sul funzionamento e sull’osservanza del Modello;
- introdurre un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel Modello.
Ove il reato sia commesso da soggetti che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione dell’ente, l’ente non risponde se prova che:
- a) l’organo dirigente ha adottato ed efficacemente attuato, prima della commissione del fatto, un Modello idoneo a prevenire reati della specie di quello verificatosi;
- b) il compito di vigilare sul funzionamento e l’osservanza del Modello e di curarne l’aggiornamento è stato affidato a un organismo dell’ente dotato di autonomi poteri di iniziativa e di controllo;
- c) i soggetti hanno commesso il reato eludendo fraudolentemente il Modello;
- d) non vi è stata omessa o insufficiente vigilanza da parte dell’organismo di controllo.
Nel caso in cui, invece, il reato sia commesso da soggetti sottoposti alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti sopra indicati, l’ente è responsabile se la commissione del reato è stata resa possibile dall’inosservanza degli obblighi di direzione e vigilanza. Detta inosservanza è, in ogni caso, esclusa qualora l’ente, prima della commissione del reato, abbia adottato ed efficacemente attuato un modello di organizzazione, gestione e controllo idoneo a prevenire reati della specie di quello verificatosi, secondo una valutazione che deve necessariamente essere a priori.
Questi brevi accenni fanno ben comprendere come sia indispensabile dotarsi di un modello organizzativo per prevenire il rischio di incorrere in gravi e pesanti sanzioni in caso di reati commessi nell’interesse ed a vantaggio della società.