di Avv. Carlo Cavallo
Articolo comparso sulla rivista BancaFinanza, ottobre 2016.
Falso in bilancio, aggiotaggio, false comunicazioni sociali, falso in prospetto, ostacolo alle funzioni di vigilanza di Consob e di Bankitalia sono i reati per i quali i pubblici ministeri della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Milano hanno ottenuto, il primo ottobre scorso, dal Giudice per l’udienza preliminare del capoluogo lombardo il rinvio a giudizio dei 16 imputati, tra i quali ci sono gli ex vertici di Monte dei Paschi di Siena, manager ed ex manager di Deutsche Bank ed ex dirigenti di Nomura.
Tra i soggetti imputati anche tre istituti di credito, Nomura, Monte Paschi e Deutsche Bank, tratti a giudizio per violazione della responsabilità degli enti, vale a dire il d. lgs. 231/2001, contestato come conseguenza della inadeguata vigilanza attuata da tali istituti sui propri vertici, che non ha impedito la commissione dei reati summenzionati.
Le indagini hanno accertato che nel bilancio di Monte Paschi si era creata una voragine immensa che, secondo le indagini della Procura della Repubblica di Milano, tra il 2008 e il 2012 fu nascosta al mercato, alla Consob e alla Banca d’Italia dietro il paravento di operazioni aventi ad oggetto strumenti finanziari ad alto rischio fantasiosamente chiamati Fresh, Santorini, Alexandria e Chianti Classico.
Attraverso cartolarizzazioni, prestiti ibridi e operazioni sui derivati, da un lato furono creati utili che in realtà non erano stati mai incassati e dall’altro furono celate perdite per centinaia di milioni di euro.
I fatti sono troppo articolati e complessi per essere riportati nel dettaglio.
A titolo di esempio, si può riferire il caso del derivato Alexandria.
Monte Paschi nel 2005 acquistò tale strumento, strutturalmente ad alto rischio e avente scadenza il 31.12.2012, per il corrispettivo di 400 milioni di euro.
La successiva, progressiva svalutazione di Alexandria rese necessaria a Monte Paschi una complessa operazione volta a mascherare le perdite, operazione nella quale venne coinvolta la banca giapponese Nomura International plc, la quale, in sostanza, rilevò lo strumento finanziario in questione, ottenendo dalla Banca senese titoli sostitutivi attraverso i quali Nomura venne ristorata e remunerata. Il tutto, secondo la ricostruzione fatta dalla Procura di Milano, attraverso un meccanismo molto complicato, dissimulato dalla banca senese nei propri bilanci in modo da non essere ricostruibile. Si sostiene che, in pratica, venne omesso di rilevare a conto economico il fair value dell’operazione di finanza conclusa con Nomura, comportante una perdita pari a non meno di 308 milioni di euro – derivante dalla ristrutturazione di Alexandria -, 220 dei quali costituiti dalla perdita netta correlata al costo di sostituzione da parte di Nomura e 88 costituiti dalle commissioni implicite dovute a NOMURA per l’operazione. Si espose così falsamente nel bilancio individuale di Monte dei Paschi un utile d’esercizio di euro 159.564.280 in luogo della perdita effettivamente maturata pari a euro 148,4 milioni e nel bilancio consolidato dello stesso Monte dei Paschi un utile d’esercizio di euro 43.434.264 in luogo della perdita effettivamente maturata pari a euro 264,5 milioni.
Ma non è tutto.
Agendo in concorso quanto meno tra loro, sostiene l’accusa, i vertici di Monte Paschi e Nomura, oltre a falsificare i bilanci, diffusero al mercato notizie false idonee a determinare una sensibile alterazione del prezzo dell’azione Monte Paschi ordinaria: in particolare, con la pubblicazione del bilancio al 31.12.2009, avvenuta il 27.4.2010, vennero comunicati dati relativi al risultato d’esercizio di BMPS non corrispondenti al vero, facendo apparire che BMPS avesse conseguito un utile d’esercizio ante imposte di euro 159.564.280 in luogo della perdita effettivamente realizzata pari a euro 148,4 milioni e un utile consolidato ante imposte di euro 43.434.264 in luogo della perdita effettivamente realizzata pari a euro 264,5 milioni.
La singolarità di questa vicenda sta nel fatto che Monte Paschi si trova ad essere al tempo stesso imputata per non aver adeguatamente sorvegliato i comportamenti illeciti dei suoi vertici – ed in ciò si concretizza la responsabilità di cui al d. lgs. 231/2001 – nonché parte offesa per quegli stessi comportamenti illeciti che le hanno creato un gravissimo danno non solo patrimoniale, ma anche reputazionale.
Nel processo, quindi, esiste una difesa impegnata a patrocinare Monte Paschi come imputata ed una, diversa, che si costituirà parte civile contro gli imputati per chiedere il risarcimento dei danni.
Per i fatti oggetto di contestazione, Monte Paschi non intende affrontare il futuro dibattimento: ha chiesto di essere condannata, tramite il rito del patteggiamento, ad una sanzione penale di 600 mila euro con la confisca di 10 milioni di euro.