Approvata definitivamente dalla Camera la proposta di legge che introduce nuove disposizioni in materia di delitti contro la pubblica amministrazione, di associazione di tipo mafioso e di falso in bilancio
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Articolo di Tommaso Trinchera (da www.penalecontemporaneo.it)
1. Riservandoci di fornire nei prossimi giorni un commento più articolato, segnaliamo da subito ai lettori che la Camera, nella seduta del 21 maggio 2015, ha definitivamente approvato la proposta di legge n. 3008 recante “Disposizioni in materia di delitti contro la pubblica amministrazione, di associazioni di tipo mafioso e di falso in bilancio” (c.d. ddl “anticorruzione”).
2. Il provvedimento anzitutto aumenta le pene previste dal codice penale per alcuni reati contro la pubblica amministrazione.
In particolare, per il peculato (art. 314) prevede la pena della reclusione da 4 a 10 anni e 6 mesi (oggi da 4 anni a 10 anni); per il delitto di corruzione per l’esercizio della funzione (art. 318) prevede la pena della reclusione da 1 a 6 anni (oggi da 1 a 5 anni); per il reato di corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio (art. 319) prevede la pena della reclusione da 6 a 10 anni (oggi da 4 a 8 anni); per il reato di corruzione in atti giudiziari (art. 319-ter) prevede la pena della reclusione da 6 a 12 anni (oggi da 4 a 10 anni); infine, per il reato di induzione indebita a dare o promettere utilità (art. 319-quater) prevede la pena della reclusione da 6 a 10 anni e 6 mesi (oggi da 3 a 8 anni).
Il provvedimento introduce una nuova circostanza attenuante per la collaborazione processuale (art. 323-bis c.p.), che consente una diminuzione della pena da un terzo a due terzi per colui che, responsabile di specifici delitti contro la pubblica amministrazione (artt. 318, 319, 319-ter, 319-quater, 320, 321, 322 e 322-bis c.p.), “si sia efficacemente adoperato per evitare che l’attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori, per assicurare le prove dei reati e per l’individuazione degli altri responsabili ovvero per il sequestro delle somme o altre utilità trasferite”.
L’ambito soggettivo di applicazione della fattispecie di concussione (art. 317 c.p.) torna a comprendere anche l’incaricato di un pubblico servizio, come nella formulazione precedente alla l. n. 190/2012 (c.d. “legge Severino”).
Inoltre, il provvedimento modifica l’art. 165 del codice penale, subordinando l’accesso alla sospensione condizionale della pena per i delitti di cui agli artt. 314, 317, 318, 319, 319-ter, 319-quater, 320 e 322-bis c.p. “al pagamento di una somma equivalente al profitto del reato ovvero all’ammontare di quanto indebitamente percepito dal pubblico ufficiale o dall’incaricato di un pubblico servizio, a titolo di riparazione pecuniaria in favore dell’amministrazione lesa dalla condotta del pubblico ufficiale o dell’incaricato di un pubblico servizio, ovvero, nel caso di cui all’articolo 319-ter, in favore dell’amministrazione della giustizia, fermo restando il diritto all’ulteriore eventuale risarcimento del danno”.
La nuova legge modifica altresì l’art. 444 c.p.p., subordinando l’ammissibilità del patteggiamento alla restituzione integrale del prezzo o del profitto del reato.
3. Vengono poi significativamente inasprite le pene per l’associazione di tipo mafioso di cui all’art. 416 bis c.p. La pena prevista dal primo comma per il mero partecipe sarà la reclusione da dieci a quindici anni (sinora era da sette a dodici anni); quella prevista dal secondo comma per chi promuove, dirige o organizza l’associazione sarà la reclusione da dodici a diciotto anni (sinora era da nove a quattordici anni); mentre quella prevista dal quarto comma per i medesimi soggetti nel caso in cui l’associazione sia armata diviene rispettivamente della reclusione da dodici a venti anni (contro la reclusione da nove a quindici anni attuale) e da quindici a ventisei anni (contro la reclusione da dodici a ventiquattro anni attuale).
4. L’ultima parte del provvedimento concerne la disciplina delle false comunicazioni sociali. La novità principale è che il falso in bilancio torna ad essere punito come delitto.
In particolare, il nuovo testo dell’art. 2621 c.c. (False comunicazioni sociali) disponde che “fuori dai casi previsti dall’articolo 2622, gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori, i quali, al fine di conseguire per sé o per altri un ingiusto profitto, nei bilanci, nelle relazioni o nelle altre comunicazioni sociali dirette ai soci o al pubblico, previste dalla legge, consapevolmente espongono fatti materiali rilevanti non rispondenti al vero ovvero omettono fatti materiali rilevanti la cui comunicazione è imposta dalla legge sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale la stessa appartiene, in modo concretamente idoneo ad indurre altri in errore, sono puniti con la pena della reclusione da uno a cinque anni”.
Il nuovo testo dell’art. 2622 c.c. (False comunicazioni sociali delle società quotate), invece, dispone che “gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori di società emittenti strumenti finanziari ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato italiano o di altro Paese dell’Unione europea, i quali, al fine di conseguire per sé o per altri un ingiusto profitto, nei bilanci, nelle relazioni o nelle altre comunicazioni sociali dirette ai soci o al pubblico consapevolmente espongono fatti materiali non rispondenti al vero ovvero omettono fatti materiali rilevanti la cui comunicazione è imposta dalla legge sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale la stessa appartiene, in modo concretamente idoneo ad indurre altri in errore, sono puniti con la pena della reclusione da tre a otto anni”.
La nuova disciplina prevede pene ridotte (da 6 mesi a 3 anni) per il reato di falso in bilancio di cui all’art. 2621 c.c. “se i fatti sono di lieve entità” (art. 2621-bis). La lieve entità viene valutata dal giudice, tenendo conto “della natura e delle dimensioni della società e delle modalità o degli effetti della condotta”. La stessa pena ridotta si applica nel caso in cui il falso in bilancio riguardi le società che non possono fallire (quelle cioè che non superano i limiti indicati dall’art. 1 co. 2 del R.D. 16 marzo 1942, n. 267).
Il provvedimento introduce poi un nuovo art. 2621-ter che – ai fini dell’applicazione della nuova causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto di cui all’art. 131-bis c.p. – stabilisce che il giudice debba in tal caso valutare “in modo prevalente l’entità dell’eventuale danno cagionato alla società”.
Il provvedimento, infine, inasprisce anche le sanzioni pecuniarie a carico dell’ente previste dall’art. 25-ter del d.lgs n. 231/2001 in relazione ai reati di falso in bilancio.