di Avvocato Carlo Cavallo
Articolo comparso sulla rivista BancaFinanza (aprile 2016).
Il Decreto Legislativo 8 giugno 2001, n. 231, recante la Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, ha introdotto per la prima volta nel nostro ordinamento, in attuazione della delega conferita dal Parlamento all’esecutivo con la Legge 29 settembre 2000, n. 300, la responsabilità in sede penale degli enti, laddove per “enti” si intendono tutte le società, le associazioni e gli enti pubblici non economici, anche privi di personalità giuridica, che non svolgono funzioni di rilievo costituzionale e che agiscono iure privatorum.
L’innovazione normativa, ormai non più recente, ha avuto un’incidenza non secondaria nel panorama della disciplina della vita d’impresa, specie in settori strategici come quello bancario e finanziario e, anche per questo, è stata oggetto di plurime trattazioni nelle rubriche di questa Rivista.
È noto che la disciplina delineata dal legislatore del 2001, individua una responsabilità aggiuntiva rispetto a quella delle persone fisiche che realizzano materialmente il fatto illecito.
L’articolato normativo – sulle cui disposizioni di dettaglio non ci si soffermerà in questa sede – prevede, nella parte speciale del decreto, un catalogo di fattispecie di reato (c.d. reati-presupposto) la cui realizzazione “nell’interesse o a vantaggio” dell’ente, da parte di uno dei soggetti (apicali o sottoposti) operanti all’interno dell’ente, comporta una responsabilità di quest’ultimo, con sanzioni di natura essenzialmente pecuniaria e interdittiva cui si aggiungono rilevanti ipotesi di confisca ed altre pene accessorie.
Oltre a determinare, come si è detto, una crescente evoluzione in tema di governance e organizzazione d’impresa – in specie per ciò che concerne l’adozione di Modelli di Organizzazione e Gestione, espressamente individuati dalla legge come condizioni (necessarie ma non sufficienti) per l’esclusione della responsabilità – il decreto 231 ha subito, negli anni, un ampliamento del suo spazio applicativo mediante l’estensione del catalogo dei reati-presupposto. Così, alla versione iniziale della norma, comprendente i soli reati contro la Pubblica Amministrazione, si sono progressivamente aggiunti, nell’ordine: i reati in tema di falsità in monete e valori di bollo, i reati societari, i reati con finalità di terrorismo, i reati contro la persona, i reati di manipolazione e abuso di mercato, i reati in materia di salute e sicurezza sul lavoro (omicidio e lesioni colpose, successivamente modificati dal D.Lgs. 81/2008), i reati di ricettazione e riciclaggio, i reati informatici e di trattamento illecito dei dati, i reati di criminalità organizzata, i reati in materia di diritto d’autore, i reati contro l’industria e il commercio, i reati in materia ambientale, i reati concernenti l’impiego di persone nel lavoro irregolare.
In epoca più recente, dal 2012 ad oggi, le ulteriori modifiche ed integrazioni al testo sono consistite in ulteriori ampliamenti di categorie di illecito già previste dal decreto: ci si riferisce alle modifiche dei reati contro la Pubblica Amministrazione (L. 190/2012), dei reati di riciclaggio e reimpiego, con l’introduzione del reato di autoriciclaggio (L. 186/2014), dei reati ambientali (L. 68/2015) e, infine, dei reati societari (L. 69/2015), con particolare riferimento alle novellate ipotesi di false comunicazioni sociali.
Ai consistenti interventi riformatori così succedutisi, tutti diretti all’ampliamento delle ipotesi di reato rilevanti ai fini della responsabilità dell’ente, si aggiunge, proprio in queste settimane, l’ipotesi di una ulteriore revisione, più complessiva, dell’articolato 231: tale intervento è stato prospettato dal Ministro della Giustizia Andrea Orlando e dal Ministro dell’Economia e delle finanze Pier Carlo Padoan, che hanno proceduto ad istituire una Commissione di studio per la modifica del decreto legislativo 231/2001, con l’obiettivo di effettuare una ricognizione dell’impianto normativo, a quindici anni dall’entrata in vigore, mirato, in particolare – come si legge nel comunicato ufficiale – a “contrastare e prevenire la criminalità economica, considerata importante elemento di distorsione dei mercati e di freno della crescita”. La Commissione, di cui fanno parte, oltre a giuristi ed operatori del diritto di primissimo piano, anche importanti esponenti del mondo accademico giuridico ed economico, avrà il compito di formulare proposte di modifica normativa e, più in generale, di rilanciare le politiche di prevenzione.