E’ dello scorso 27 aprile l’Ordinanza con cui il Tribunale di Torino (sezione III penale collegiale, Presidente Dott. Paolo Gallo), ha disposto il rinvio pregiudiziale della questione sulla competenza per territorio alla Suprema Corte di Cassazione, applicando il disposto del nuovo art. 24-bis c.p.p., introdotto dalla recente riforma Cartabia in materia processuale.
Nelle 10 pagine del provvedimento, il collegio passa in rassegna le questioni di incompetenza territoriale sollevate da alcuni degli imputati, tese – in sintesi – a far riconoscere la competenza del Tribunale di Roma invece che quella del Giudice torinese, quantomeno per il più grave dei reati contestati: la corruzione che avrebbe commesso – in ipotesi d’accusa – un noto imprenditore del settore dello spettacolo nei confronti di un Senatore della Repubblica allora in carica, al fine di indurre una bonaria “revisione” della posizione assunta nei confronti della propria azienda con l’irrogazione di una misura di prevenzione antimafia di carattere patrimoniale.
Il Collegio – respingendo, allo stato, l’interpretazione fornita in sede di discussione delle questioni preliminari in aula da parte del Pubblico Ministero, sostenitore della competenza del Tribunale torinese – ha, in breve, affermato che:
* la scelta del P.M. di ricostruire la vicenda corruttiva in parola come un reato continuato non sembra aderente alla più aggiornata giurisprudenza di legittimità che, nelle ipotesi di stabile asservimento del pubblico ufficiale ad interessi privati, ravvisa un caso di reato permanente (da ultimo, C. Cass., sentenze n. 16781 del 2021, RV 281089; n. 51126 del 2019, RV 278192; n. 40237 del 2016, RV 267634);
* così ragionando, la competenza dovrebbe essere attribuita, ex art. 8 comma 3 c.p.p., al giudice del luogo in cui ha avuto inizio la consumazione dell’unitaria fattispecie corruttive (id est, nel caso di specie, Roma, ove sarebbe avvenuta la prima corresponsione di denaro, a mezzo bonifico bancario, su un conto aperto dall’allora Senatore presso un istituto della Capitale);
* anche aderendo all’impostazione ermeneutica del Pubblico Ministero – volta ad inquadrare gli episodi corruttivi come una pluralità di reati avvinti dalla continuazione – la competenza sarebbe determinata (ex art. 16 comma 1 c.p.p.) in ragione del luogo ove è stato commesso il reato più grave e, in caso di pari gravità, il giudice del luogo del primo reato; in tale contesto, peraltro – spiega il Tribunale, con il conforto dei più recenti arresti giurisprudenziali – il reato più grave andrebbe individuato con riferimento alla pena edittale vigente al momento dell’esercizio detrazione penale, essendo l’art. 16 c.p.p. norma di natura processuale, soggetta al criterio interpretativo del tempus regit actum: di tal che, anche secondo l’impostazione fatta propria dalla Procura, la competenza ricadrebbe sul Tribunale di Roma, in luogo di quello di Torino, essendo commesso là il primo reato in ordine di tempo;
* in definitiva, sia che si consideri il reato di corruzione in questione come reato permanente, sia che lo si “costruisca” come reato continuato, la competenza territoriale a conoscerne sembrerebbe appartenere – sostiene il collegio – al Tribunale di Rbisoma.
Nella seconda parte dell’Ordinanza in commento, il Tribunale passa ad analizzare l’ulteriore profilo di problematicità ingenerato dalla situazione sottoposta al suo vaglio: l’eccezione di incompetenza territoriale, infatti, è stata sollevata solo da alcuni degli imputati coinvolti nella vicenda corruttiva de qua, ma non da tutti, benché tra i fatti rispettivamente ascritti sussista connessione a norma dell’art. 12 c.p.p. Di qui il dubbio – che il collegio torinese rimette, unitamente alla Corte di Cassazione – se la competenza territoriale per il reato di corruzione di cui si è detto sopra (anteriore e più grave), sul quale è sorta la questione, debba attrarre a sé anche la competenza per gli ulteriori reati connessi al primo, ancorché riguardanti imputati diversi, alcuni dei quali non hanno eccepito l’incompetenza del Tribunale di Torino.
A valle di un articolato excursus sugli orientamenti più recenti della giurisprudenza di legittimità, il Tribunale conclude l’Ordinanza formulando i quesiti rimessi, in via pregiudiziale, alla Suprema Corte e sostanzialmente riassumibili come segue:
* se per il reato principale di corruzione (anteriore e più grave) la competenza territoriale appartenga al Tribunale di Torino o a quello di Roma;
* se, nell’eventualità in cui venga ritenuto competente il Giudice capitolino, ed in conseguenza di ciò, egli sia competente a giudicare anche dei reati connessi al primo ed ascritti a diversi imputati.